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Il Tirreno - La recensione di Pamela Pucci
 

Gregoretti incanta con il fascino del Medioevo
Quasi incredibile lo spettacolo messo in scena a San Miniato in occasione della Festa del Teatro, con l'impeccabile regia di Ugo Gregoretti. Le spade e le ferite, di Elena Bono, si presenta come un testo di straordinaria intensità umana e grande complessità storica e linguistica. All'intrecciarsi dei drammi umani dei potenti e degli umili corrisponde l'intrecciarsi delle lingue.
Latino, genovese, siciliano, francese e tedesco si rincorrono inserendosi l'uno nell'altro. Il risultato, in maniera sorprendente, è comprensibilissimo, spontaneo e vivace. Si riproduce il plurilinguismo caratteristico del 1200 e lo si fa in un contesto dove tutto appare naturale, umano. Umani sono gli scatti d'ira, il perenne sospetto di tradimento, il furore e il dolore represso del Federico II interpretato da Massimo Foschi, che conferma il suo talento testimoniando la scissione ulteriore, il contrasto che Federico vive tra una personalità solare e mediterranea, simboleggiata dal ricordo della madre, la pia Costanza d'Altavilla, e il «nordico furore», la ferocia ereditata dal padre tedesco Enrico IV. L'interlocutore di Federico II nel primo quadro è il giovane dottor Pier delle Vigne, interpretato da Marco Spiga. Personaggio riuscitissimo, di grande intensità. Fedele al suo signore, di cui avverte e conosce il dramma, Pier delle Vigne rappresenta quasi una voce razionale e posata, di giurista scaltro e amico fidato, in contrapposizione alla facile irruenza di Federico. La sua morte non è riportata in scena, ma si cita nel finale attraverso il delirio di Federico che, giunto all'estremo, getta i panni dell'imperatore per essere soltanto un uomo che si spegne nel ricordo del vero amico.
Parallela e opposta alla coppia imperiale è quella religiosa, formata da Sinibaldo Fieschi, appena eletto papa col nome di Innocenzo IV, e suo nipote, l'ingenuo e scolastico ecclesiastico Ottobono, interpretato da Agostino Cerrai. Nel dialogo tra i due si dipinge la personalità malinconica, stanca, ironica, ma al tempo stesso forte e decisa di Innocenzo, magistralmente interpretato da Eros Pagni.
Coinvolgenti ed estremamente pertinenti le musiche di Roberto Tofi, semplice ma molto funzionale la scenografia.
La messa in scena de Le spade e le ferite ha visto anche una piccola polemica tra l'autrice del testo, Elena Bono, e il regista Ugo Gregoretti. La Bono ha evidenziato un significativo taglio, effettuato dal regista nella parte finale. «Tutta l'ultima scena - spiega - è stata eliminata. Per me quella scena rappresentava il succo della vicenda, perché mostrava il popolo, oppresso dalle dispute tra Papato e Impero, che trovava proprio in queste ferite la forza per continuare. Tutto questo stava nella battuta finale del capopopolo», il regista ha replicato difendendo la propria scelta: «Questo spettacolo dura circa due ore e mezzo. La scena finale, dieci minuti tutti parlati in stretto dialetto genovese, poteva risultare troppo pesante, di difficile comprensione. Concludendo lo spettacolo con una scena di quel tipo avremmo rischiato di lasciare lo spettatore incerto, con l'amaro in bocca. Il senso rimane lo stesso senza il rischio di appesantire il finale».
PAMELA PUCCI, Il Tirreno, 22 luglio 2000




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