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Il Tirreno - La recensione di Maria Teresa Giannoni
 

Nel Girone dei diavoli allegri
Festa del Teatro: così doveva essere e cosi è stato. E probabilmente mai in tutta la gloriosa storia del cattolico Istituto del Dramma Popolare che da 47 anni organizza gli spettacoli estivi in piazza del Duomo, c'è stata festa più colorata di questa.
Per la messa in scena di Ti-Jean e i suoi fratelli, favola che viene da lontano, da altri tempi e altri luoghi, Sylvano Bussotti ha attinto alle sorgenti più delicate della sua inesauribile ironia. Scritta negli anni '50 dal caraibico Derek Walcott, fortemente segnata dal problema della «negntudine», la storia di Ti-Jean è anche imbevuta dei ritmi e delle fantasie giocose delle isole del Centroamerica, di umori e personaggi magici che appartengono alla cultura di provenienza africana. Bussotti che dello spettacolo cura regia, scene e costumi, ha risposto con fantasia alla fantasia, al gioco con il gioco.
Nel testo di Walcott sono tutti neri, il diavolo solo è bianco. Vive proprio lì, vicinissimo alla capanna nel bosco sulle alture dove abita una madre poverissima con i suoi tre figli. Il diavolo si traveste da padrone bianco, grande latifondista, pieno di piantagioni di tabacco e li sfida uno per uno: prima Gros-Jean (Antonello Chiocci) che ha un braccio forte come il ferro ma ha poco cervello e poi Mi-Jean (Leandro Amato), l'intellettuale della situazione che fa il pescatore ma si perde sempre con il naso dentro i libri. Neanche lui riuscirà a cavarsela. Ti-Jean invece che non è stupido guida i lavoranti neri alla rivolta e brucia tutti i campi di tabacco del padrone. Il regista non ha voluto nessun interprete di colore per staccarsi dal tema del racconto e creare qualcosa di autonomo. Per il diavolo ha scelto il cattivo per antonomasia, Remo Girone, consacrato cattivo dalla tv per il suo ruolo nello sceneggiato più popolare d'Italia (del mondo?), «La piovra».
E un po' sembra uno studio televisivo d'altri tempi anche il palcoscenico, con i suoi siparietti, una ballerina-uccello (Antonella Voce) con le gambe al vento e le piume di struzzo che cinguetta qua e là, una spagnola in nero-rosso con le nacchere (Nadia Perciabosco), uno che saltella con indosso un verdissimo costume da rana (Antonio Fabbri), una donna-lucciola con le ali (Alessandra Sarno), una eterea diavolessa (Biancamaria Lelli) inguantata in una calzamaglia di lustrini.
Un musical bizzarro scandito dalle musiche sincopate di André Tanker, scritte negli anni '50. Un carnevale delicato e infantile con i personaggi che sembrano pescati dalla tv dei ragazzi di 30 anni fa, tutta pannolenci e cartapesta. La madre infagottata di stracci colorati (Victoria Zinny) Gli animali cantano e ballano, lo stesso Girone che viene a fare la passerella sul proscenio, e Ti-Jean (Gianni De Feo) che sfodera una voce forte e pulita. Sullo sfondo tra gli alberi della piazza la capanna della madre, un nido aperto sulla scena con dentro le uova, tre come i figli. In scena invece corre di qua e di là un esserone, il Bolom, lo spirito dei bambini mai nati. E quando nasce alla fine, per grazia di Ti-Jean, ha il grande corpo vestito alla mannara dell'attore Massimo Fedele.
Sono bravissimi tutti gli interpreti, precisi e divertiti.
Bussotti sembra sorridere bonario al pubblico attraverso le sue creazioni. E lascia che gli attori dicano il testo così com'è, nella traduzione di Annuska Palme Sanavio (è uscito ora da Adelphi, ma anche il Dramma di San Miniato ne ha stampato una con il contributo della Cassa di Risparmio). E sotto i balletti e i colori la favola restituisce al pubblico ampie zone di poesia: il senso struggente della vita che scorre, la mitezza e l'allegria nonostante tutto.
MARIA TERESA GIANNONI, Il Tirreno 17 luglio 1993




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