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Il Giornale della Toscana
 

Il «Cavaliere di ventura» di Cavosi si ferma a San Miniato per la festa del teatro
«Noi precisammo fin dal nostro nascere che non ci interessava un teatro puramente devozionale ed edificante, che volevamo un teatro impegnato sui problemi e sulle inquietudini spirituali del nostro tempo... quali siano i segni dei tempi, da qualunque parte e popolo e cultura e civiltà essi provengano, che possono profetizzare una nuova stagione del cristianesimo. ..». Così si esprimeva coraggiosamente uno dei fondatori della Festa del Teatro di San Miniato nata nel luglio del '47 e giunta alla sua 53° edizione. Un teatro dello spirito che accoglieva annualmente opere italiane e straniere mai rappresentate in Italia, destinate a far riflettere e a provocare l'animo umano che sembrava destinato ad una deriva di apatia e rassegnazione. Per questa ultima edizione del millennio gli organizzatori del Dramma hanno scelto un testo che sembra raccogliere e racchiudere le esperienze precedenti, offrendo una sintesi dalla quale poter attingere per guardare il secolo e avventurarsi verso un futuro ancora pieno di incertezze. Scritto da Roberto Cavosi, il Cavaliere di ventura racconta due diversi cammini che il destino sceglie di mettere in contatto: da una parte Ofelia che, ripudiata da Amleto si toglie la vita in uno stagno, dall'altra Fortebraccio, cavaliere di ventura decisionista per necessità. L'angoscia di lei, magistralmente interpretata dall' ancora stupenda Carla Fracci, impedirà alla sua anima di abbandonare i luoghi cari ad un breve passato di felicità nella speranza di poter tornare dal suo Principe; per il guerriero invece, un grande Virginia Gazzolo, l'interesse per le battaglie si perde nella strada dell'esistenzialismo e delle problematiche escatologiche e i dubbio diviene la sua nuova vita. Essenziale nella scenografìa, il dramma vive di un dialogo serrato e sapido e di una coreografia che Luc Bouy ha realizzato con gesti misurati e profondi facendo «parlare» i due ballerini con una voce che giunge, senza mediazione della parola, al cuore del pubblico con grande efficacia. Le musiche di Dmitrij Sostakovic sottolineano i passaggi più salienti di un'opera che il regista Beppe Menegatti ha voluto sospesa tra un medioevo onirico ed un presente che ci inquieta e di interroga. Un nuovo gioiello si aggiunge con quest'opera al Dramma Popolare di S. Miniato, facendo continuare a vivere una tradizione che, per originalità e per importanza delle opere rappresentate, meriterebbe forse maggiore pubblicità nell'inflazionato panorama delle manifestazioni estive.
Il Giornale della Toscana, 27 luglio 1999




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