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La Stampa - La recensione di Masolino D'Amico
 

Billy Budd, bello e innocente celebrato in una ballata popolare
Solo nel nostro secolo si seppe che vecchio e semidimenticato Hermann Melville aveva visitato il mondo della sua formazione errabonda, con un racconto ambientato nella marina britannica al tempo della Rivoluzione Francese, intitolato Billy Budd. L'eroe eponimo è un ragazzo arruolato a forza sulla nave da guerra come gabbiere di parrocchetto. Le sue origini sono oscure, ma di persona è forte, bello e innocente come un selvaggio idealizzato da Rousseau, e proprio come capita ai selvaggi, gli uomini civilizzati non si rassegnano a lasciarlo in pace. Billy sopporta sorridendo le angherie, ma da ultimo, esasperato dalla serenità con cui il gabbiere si piega alla rigida disciplina di bordo, il torvo maestro d'armi Claggart lo diffama a sangue freddo presso il capitano. Allora Billy [...] momentaneamente accecato dall'indignazione per l'infamia, lo uccide con un pugne, e nessuna solidarietà può sottrarlo alla inevitabile impiccagione. Aperto a molte interpretazioni, questo confronto tra purezza angelica e diabolica invidia è stato anche letto un po' come Morte a Venezia di Thomas Mann, alla stregua di un postremo vagheggiamento di adolescenza incorrotta, non senza sottofondo di omosessualità, data anche la composizione sociale della nave, rigidamente mascolina; né certo fu un caso che Benjamin Britten affidasse il libretto della sua opera lirica Billy Budd a un santone della cultura cripto-gay come E.M. Forster. Nel sobrio adattamento andato in scena a San Miniato, dove si replicherà fino al 23, Enrico Groppali prende le distanza da quest'ottica moderna per riportare la storia alle sue origini di leggenda salmastrosa: per esempio, a costo di sacrificare possibilità di suspense fa pronunciare il prologo da due protagonisti, il capitano Vere e il maestro d'armi Claggart, i quali specificano di essere già morti da tempo (un coro iniziale di altri marinai defunti è stato eliminato dallo spettacolo). Quanto avviene ha quindi un deliberato carattere di già accaduto, se non addirittura di rituale, impostazione sottolineata dalla regia di Sandro Sequi, che colloca il conflitto su di un armonioso vascello di pietra bianca, disegnato da Pietro Cascella, ben saldo su onde di pietra bianca anch'esse; e quasi bianche appena un po' sporcate da alamari neri dipinti, sono le divise dei marinai (costumi di Cordelia von den Steinen). Maximilian Nisi come Billy è accettabilmente avvenente, e oltre a balbettare come richiesto, canta con voce bene impostata tre o quattro melodiose arie di Francesco De Luca e Alessandro Forti; ma non c'è ricerca di realismo né nel pugno con cui egli abbatte Claggart - un gesto simbolico, sottolineato da un tuono e da un cambio di luce - né nell'impiccagione finale, sostituita da un lenzuolo nero con cui il gabbiere, salito in coffa, si copre [...] come negli exempla medievali sono il il perplesso capitano dell'autorevole Massimo Foschi, e Corrado Pani che come Claggart porta occhiali scuri da cattivo e una giubba violacea, quasi l'unico colore che vediamo. Sono prestazioni solide, ma l'impostazione suaccennata toglie ambiguità ai personaggi, né gli altri del coro, fra cui Maurizio Gueli, hanno troppe possibilità per rendere la vicenda appassionante. Insomma, i 100' senz aintevallo filano scorrevolmente; ma alla fine ci troviamo con una elegante ballata popolare, nn avendo più che sfiorato il sospetto che in questa storia pacata e terribile Melville si sia affacciato a scrutare gli abissi.
MASOLINO D'AMICO, La Stampa, 20 luglio 1997




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