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Supllemento Spettacolo SIR - La recensione di Andrea Fagioli
 

La vertigine dell'abisso
Quattro tormentati personaggi vivono, come prigionieri, in un paese della Francia: Philippe, signore di Silleranges, sessualmente impotente; la moglie Elisabeth, combattuta tra il dovere della fedeltà allo sposo e l'ardore dei sensi che la spinge tra le braccia dei cognati: dapprima Jacques, ossessionato dall'amore per la donna; poi Pierre, ex monaco, che ha lasciato il convento richiamato dagli impulsi del mondo.
I quattro giocano una drammatica partita nelle oscure e fredde sale di un castello dove il Male sembra aggirarsi inesorabile, rendendoli spesso come marionette mosse dai fili di una passione che spingerà Jacques ad assoldare un sicario per uccidere il fratellastro Pierre, mentre Philippe, una volta consumato il delitto, inviterà ipocritamente il fratello minore Jacques a riprendere, di fatto, il ménage a tre ("Jacques, io desidero che mia moglie resti a Silleranges, che qui la vita riprenda come in passato. Siamo intesi?"). Solo Elisabeth saprà trovare la via del riscatto. I quattro personaggi sono i protagonisti del dramma Il nemico, scritto da Julien Green nel 1954, ambientato alle soglie della Rivoluzione francese, e portato in scena, nella traduzione di Roberto Buffagni, alla LXI Festa del teatro promossa dal 20 al 25 luglio a San Miniato dall'Istituto del dramma popolare, dal giovane regista Carmelo Rifici con due grandi interpreti come Elisabetta Pozzi (Elisabeth) e Tommaso Ragno (Pierre) accompagnati dagli altrettanto bravi Marco Balbi (Philippe) e Alessio Romano (Jacques). Con loro Tindaro Granata, Agostino Riola, Carlotta Viscovo e Noemi Condorelli.
Nella messa in scena sanminiatese, a 60 anni da quell'estate del 1947 in cui il Teatro dello Spirito debuttò nella storica Piazza del Duomo della cittadina in provincia di Pisa, il regista Rifici, sostenuto anche dalla bella scena di Daniele Spisa, ha puntato molto sulla recitazione degli attori, coadiuvati una volta tanto da un ottimo impianto microfonico che ha reso particolarmente suggestive le voci (prima fra tutte quella di Tommaso Ragno), ma anche sui movimenti scenici corali, a tratti coreografici, punteggiati dalle musiche di Daniele D'Angelo. Funzionali i costumi di Margherita Baldoni: settecenteschi all'inizio, novecenteschi alla fine per una sorta di universalizzazione storica, ma soprattutto tematica, per una questione, la lotta tra il Bene e il Male, che non abbandonerà l'uomo fino alla fine dei tempi, e in cui il Nemico (il diavolo) sembra spesso prevalere. Il Male, dice l'autore, è ovunque, può nascondersi anche dietro l'innocenza, ma all'anima che non vuole perdersi resta il cammino dell'espiazione. Ecco allora la figura di Elisabeth, unica su quattro, a trovare la via del Bene. Proprio lei che senza riconoscerlo aveva già incontrato Dio e ora lo ritrova ("Ho fatto la prima comunione senza saper bene che fosse" e "le Pasque ogni anno in condizioni certo sacrileghe perché costretta"). Al contrario di Pierre che, dopo averLo trovato, ha "rinnegato tutto in un minuto", credendo di aver "visto chiaro" e di aver scelto di conseguenza gettando la tonaca.
Quello dello scrittore francese Julien Green (Parigi 1900-1998) è un "teatro dell'anima", "dove l'invisibile e il misterioso - spiega Rifici - si sovrappongono alla realtà quotidiana. La soprannaturalità degli eventi, avvertita dai personaggi come un'incognita terribile e misteriosa, finisce per modificarli, farli perdere per cammini oscuri e bufere infernali", dalle quali, come detto, solo Elisabeth si salva, mentre Jacques e Pierre si rimpallano a vicenda se sia "necessario aprire una porta per far entrare il demonio", oppure se sia "necessario aprire una porta e varcare la soglia di una chiesa per trovare Dio". Domande che, però, "tutti gli uomini prima o poi si pongono, anche se alcuni - spiega Salvatore Ciulla, direttore artistico del Dramma popolare - sostituiscono il demonio con il male, il dolore, la malattia, la morte e Dio con la gioia, la felicità, la realizzazione piena". "L'uomo - ricorda mons. Carlo Gattini, consigliere del Dramma popolare, citando le parole del Papa ad Assisi - è davvero grandezza e miseria: è grandezza perché porta in sé l'immagine di Dio ed è oggetto del suo amore; è miseria perché può fare cattivo uso della libertà che è il suo grande privilegio, finendo per mettersi contro il suo Creatore. È la grande notte, come la definisce Green.
È la vertigine di quell'abisso che si pone tra gli slanci verso ciò che è buono e giusto e santo, e l'essere attratti nell'orbita gravitazionale delle passioni, della sensualità, o quantomeno dell'inerzia accidiosa e contenta di sé".

ANDREA FAGIOLI, supplemento spettacolo del SIR




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