Questo sito utilizza cookie tecnici, di profilazione propri e di terze parti. Se continui la navigazione, se accedi ad un qualunque elemento di questa pagina (tramite click o scroll), se chiudi questo banner acconsenti all'uso dei cookie.
Chiudi ed Accetta Voglio saperne di più
 

ARCHIVIO DI TUTTE LE EDIZIONI:

cerca all'interno del sito:

SEGUICI SU:


facebook youtube email



Ministero

Regione Toscana

ARCHIVIO
 
La Repubblica - La recensione di Rodolfo Di Giammarco
 

Zanussi presenta San Francesco rock
Stivali a gamba alta da centauro, blusa e pantaloni neri in stile cantante rock, aria dinoccolata su una rombante due ruote da motocross, fisionomia di chi è alla ricerca di svaghi, gesti forti, sensazioni. E così che Krzysztof Zanussi ci mostra un ancora acerbo ma già segnato Francesco d'Assisi in L'uomo che vide, spettacolo tratto dal romanzo del francese Joseph Delteil che a suo tempo, con altra opera, ispirò anche Dreyer per quel capolavoro che è Passione di Giovanna d'Arco. La scelta del testo e della formula d'allestimento della 52ma Festa del Teatro sanminiatese (roccaforte della scena spirituale cui solo un eccesso di zelo progressista deve aver negato quest'anno la pur esigua sovvenzione dello stato) ha cercato di porsi come ponte tra la storia depositata dei santi e una rilettura odierna del tema con linguaggi vicini alle nostre tecniche del sentire.
L'avallo di Zanussi, maestro severo ma non anacronistico d'immagini, era destinato a garantire armonia a questo scarto. E forse non è proprio un caso che, più della mastodontica moto, abbia finito per avere un ruolo-chiave, nel lavoro, l'intrusione d'un mezzo assai più povero, di una bicicletta, una solida mountain-bike ora cavalcata e ora impugnata da fermo da un commentatore in vesti quotidiane di oggi, un opinionista che qui rappresenta appunto l'uomo del titolo, colui che con flemma istruttoria riferisce e ricostruisce a distanza il caso di Francesco.
Si poteva cadere nel rischio di un teatro che per opinabile voglia di coinvolgere presto e meglio ammiccasse a schemi d'un programma tv, ma Zanussi ha saputo ben dosare l'unico ingrediente «comunicativo»: il narratore cui da scioltezza e anche diritto al dubbio Carlo Simoni costituisce un sobrio, problematico e insinuante filo rosso che non deborda nel didascalismo, e un po' rammenta anzi la coscienza laica che ripensa il sacro, prospettiva che ha già indotto Josè Saramago a scrivere una commedia sul francescanesimo industrializzato.
Ma oltre questa cornice di supporto e di reinquadramento contemporanei, L'uomo che vide mostra gli scenari salienti dell'avventura umana di San Francesco. Ed è qui, nel contesto di quadri rievocativi, che ricorrono contaminazioni non sempre giovevoli. Un furgoncino che trasporta l'allegra brigata degli amici bighelloni segna, sulla scena a pianta centrale occupante il centro della Piazza del Duomo, un eccesso di dispieghi motoristici. E gli intermezzi suonati e cantati hanno la spensieratezza di certi musical costruiti sul buonumore di bande di menestrelli di Dio.
E la voce edificante e ispirativa che guida ogni tanto Francesco, con relativo accendersi del rosone della chiesa, riporta a dialoghi cinematografici di Fernandel-prete con l'Altissimo. Evitabile anche la canadese da campeggio per introdurre l'eremitaggio alla Porziuncola. Congruo e più segretamente motivante è qualche lampo di intemperanza che si stampa bene sul profilo di Francesco (un magnetico e asciutto Maximilian Nisi) quando bacia un lebbroso, quando si libera dei panni di rampollo di buona famiglia, quando entra in contatto con una radiosissima e trepida Chiara (Frida Bruno) che predica una vita inaudita nella fuga, e quando si barcamena in una relazione di intese quasi erotiche con Giacoma de' Settesoli (Sara D'Amano).
L'esistenza spericolata del santo viene altrimenti messa in evidenza dalla convenzionalità mercantile del padre, Bernardone (Maggiorino Porta), e dal polso antico del Prete di San Damiano (il prodigo Antonio Pierfederici). Il resto del cast è di puro sostegno. Ma per spettacoli unici nell'unica riserva italiana di ripopolamento del teatro spirituale si chiederebbe un maggior rischio di drammaturgie e un maggior investimento in professionismi.
RODOLFO DI GIAMMARCO, La Repubblica, 29 luglio 1998




© 2002-2021 fondazione istituto dramma popolare di san miniato

| home | FESTA DEL TEATRO 2023 | chi siamo | dove siamo | informazioni e biglietti | scrivici | partner | sala stampa | trasparenza | sostieni | informativa privacy | informativa cookie |

 

Fondazione Istituto Dramma Popolare San Miniato
Piazza della Repubblica, 13 - 56028 San Miniato PI
P.I 01610040501

Home